Valutare l'Acquisto di un Impianto Fotovoltaico

L’acquisto di un impianto fotovoltaico costituisce a tutti gli effetti un investimento.

Ne consegue che, ai fini della valutazione dei preventivi che ci vengono sottoposti, occorre analizzare la capacità dell’investimento proposto di generare reddito. Invece, tendiamo a concentrarci, piuttosto, sul prezzo complessivo di realizzazione dell’impianto. Il criterio di selezione del preventivo, risulta, cioè, soltanto la valutazione del costo d’acquisto.

Un simile comportamento rischia di essere controproducente. Perchè? 
Se, come è vero, acquistare oggi un impianto fotovoltaico significa investire i nostri soldi, possiamo, allora, paragonare l’acquisto di un impianto fotovoltaico all’acquisto, ad esempio, di azioni. Cioè paragonare l’investimento nel fotovoltaico a un’altra forma più diffusa di investimento.

Ora, quando noi prendiamo in considerazione l’acquisto di azioni, le valutiamo unicamente sulla base del loro prezzo di acquisto? Vale a dire, acquistiamo le azioni che presentano il prezzo più basso?
Non mi pare. Acquistiamo, piuttosto, le azioni che presentano il prezzo più basso rispetto a quello che dovrebbe essere il loro valore intrinseco. Cioè la loro capacità di generare reddito.

Un buon indicatore numerico a tal proposito è il Price Earnings Ratio (Rapporto Prezzo/ Utili). Generalmente, azioni con un valore non elevato di tale rapporto possono costituire un buon investimento.
In definitiva, valutiamo la qualità delle azioni. Ed è quanto dovrebbe essere fatto anche nel caso dell’acquisto di un impianto fotovoltaico.

Possiamo considerare, ad esempio, le caratteristiche tecniche dei materiali che ci vengono proposti (il valore di tolleranza dei moduli o il grado di rendimento dell’inverter) oppure, attraverso l’esame dei lavori eseguiti dalla società che ci contatta, verificare la sua capacità di gestire al meglio le problematiche che potrebbero insorgere nel corso della realizzazione dell’impianto.

La qualità costa. Anche nel fotovoltaico. Ed è la qualità che ci garantisce la bontà dell’investimento che andiamo ad effettuare. Ricordiamoci sempre che acquistando un impianto fotovoltaico, acquistiamo, attraverso l’acquisizione della titolarità di un bene, la possibilità di garantirci una rendita negli anni.

A cura di Mario Delfino
Autore di Investire nel Fotovoltaico
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Come Scegliere Un'Agenzia Pubblicitaria

A meno che non siate un’azienda multinazionale, con sedi in tutto il mondo e un budget pubblicitario a parecchi zeri, prima di intraprendere una azione pubblicitaria o di comunicazione dovreste porvi alcune domande.

Ad esempio: come scegliere l’agenzia di pubblicità? Meglio un consulente solo o una struttura? E quale struttura, il nome famoso che colleziona premi ai festival di settore o un piccolo gruppo di giovani rampanti?

Rispondere a queste domande è essenziale non solo per mettere solide basi al vostro investimento pubblicitario attuale, ma anche per costruire una relazione stabile, che vi permetta di rendere redditizia la vostra pubblicità anche a lungo termine. Esistono delle precise regole da seguire per fare la scelta giusta, ma prima di esporvele vorrei sgombrare il campo da due falsi miti.

Primo falso mito: “Perchè dovrei pagare qualcuno solo per fare un disegno o scrivere una frase? Posso benissimo farlo da solo, o chiedere a mio cognato, che ha appena scaricato photoshop sul computer”.

Il fai da te, il risparmio facile, in questo caso non paga, anzi può trasformarsi in un costo ulteriore. Come voi siete esperti nel vostro specifico campo di attività, così lo sono i professionisti della comunicazione. Se voi producete, poniamo, succhi di arancia in bottiglia, delle arance e delle bottiglie conoscete tutti i trucchi e i segreti per offrire il prodotto migliore. Così i pubblicitari nel loro settore.

Secondo falso mito: “Solo le grandi agenzie internazionali e pluripremiate possono darmi il servizio che merita il mio prodotto”.

Cercate di essere realisti: se siete agli inizi, o se la vostra è una piccola impresa, in una grande agenzia sarete solo un cliente da affidare a qualche junior. Una piccola struttura, seria e preparata, sarà invece più che felice di darvi il miglior servizio possibile (tra l’altro ad un costo molto più contenuto).

Una volta sgombrato il campo dai falsi miti, ecco una sintesi delle buone regole da seguire per scegliere il consulente o l’agenzia giusta per voi.

Innanzitutto, delineate quali sono le vostre esigenze: il settore della comunicazione è diventato molto articolato e si sono create molte specializzazioni, a tutto vantaggio dei clienti. Quindi sapere se vi serve solo un logo o se dovete lanciare un nuovo prodotto vi orienterà nella scelta: nel primo caso vi basterà un bravo grafico, nel secondo dovreste cercarvi una agenzia specializzata in campagne di comunicazione.

A questo punto, cercate su Internet studi e agenzie con il profilo e la dimensione giusta per le vostre necessità, chiedete in giro referenze, poi selezionate una rosa di 3 -4 possibili candidati. Non di più. Un numero maggiore potrebbe disorientarvi e darvi falsi parametri di giudizio.

Quindi, incontrate candidati, parlate con loro per capire se sono sulla vostra lunghezza d’onda e chiedete di provarvi come lavorano: non presentando lavori già fatti per altri, ma proprio su un progetto vostro, anche piccolo.

In ultimo, usate il vostro intuito, quello che vi ha portato ad avere una attività di successo: i consulenti pubblicitari che state per scegliere diventeranno presto i vostri migliori alleati. Meglio avere a che fare con qualcuno che vi piace e di cui sentite di fidarvi davvero.

A cura di Eliana Pavoncello
Autore di Pubblicità Redditizia per la Tua Azienda
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Il Migliore Strumento d’Investimento

Molte persone ci chiedono consigli riguardo a quale sia il migliore strumento d’investimento o la migliore strategia da attuare in Borsa. L’unica risposta che diamo è quella in cui realmente crediamo ossia quella di fare il più grande di tutti gli investimenti, quello che in pochi sono disposti a fare, quello che a nostro avviso paga sempre il più alto interesse: investire in conoscenza!

Crediamo che non esistano strade facili, che non ci siano scorciatoie! Ogni viaggio prevede un percorso da compiere e siamo convinti che la differenza tra chi arriva al traguardo e chi invece si ferma a metà strada stia nella volontà e nella capacità di godersi il viaggio, non nell’illusione della meta.

Se vi dedicate a studiare i mercati, capirete che non può esistere una risposta univoca, sempre vera in ogni momento, riguardo allo strumento migliore o alla strategia più efficace, poiché esistono dei cicli economici, così come esistono dei cicli naturali, quali ad esempio le maree e le stagioni… Proprio per questo motivo l’utilizzo consapevole delle opzioni permette di fare la scelta migliore e di trovare la propria applicazione in tutte le condizioni di mercato.

La cosa che più ci ha entusiasmato quando ci siamo avvicinati al mondo del trading in opzioni, e che quotidianamente sperimentiamo, è che abbiamo imparato che con questi strumenti è possibile creare delle situazioni in cui non è necessario conoscere dove si muoverà di preciso il mercato!

La conoscenza permette molte cose… ad esempio permette di evitare di commettere gli errori per cui qualcun altro ha già pagato! Poiché molti degli errori in cui incorrono i neofiti, “e non solo”, sono molto comuni, è bene conoscerli e starne alla larga.
Abbiamo raggruppato di seguito alcuni dei più ricorrenti:

1- Evitare di comprare o vendere qualsiasi strumento finanziario come azioni, obbligazioni, opzioni, etf, ecc… senza una strategia chiara e logica d’entrata e d’uscita;

2- Evitare di diventare “tifosi” della vostra posizione, se arriva al punto d’uscita prefissato abbandonate la strategia ed uscite immediatamente;

3- Evitare d’essere troppo avidi; imparate ad accontentarvi!

4- Evitare di entrare in una posizione soltanto per essere attivi, nonostante con le opzioni si possa operare in qualunque scenario, non sempre è necessario farlo;

5- Evitare di pensare d’essere più furbi del mercato, ricordate che la Borsa non è un luogo in cui si regalano soldi;

6- Evitare di vendere opzioni allo scoperto;

7- Evitare di operare in Borsa senza aver prima compreso “le regole del gioco”.

Ci auguriamo che questi suggerimenti “in pillole” possano esservi d’aiuto nella vostra operatività e ricordate che il più grande di tutti gli investimenti è quello fatto su voi stessi e sulla vostra formazione!

A cura di Gian Luigi Torcicoda & Barbara Capitanio
Autori di Trading Online & Opzioni
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Acquisire la Mentalità dei Ricchi

Il primo passo per acquisire una Mentalità da Ricco è togliere quello che io chiamo ”il pilota automatico che controlla il nostro livello economico“.

Ti starai chiedendo, cos’è questo “pilota automatico”? La maggior parte delle persone è bravissima a sabotare i propri progetti di crescita economica, e in particolare quelli finalizzati al raggiungimento di livelli economici fuori dal comune.

Perché avviene questo? Semplice, perché interviene il nostro Pilota Automatico, che ha il compito di mantenere il livello dei nostri guadagni costantemente in quella zona immaginaria, creata nel nostro inconscio, entro la quale i nostri guadagni non ci creano angoscia, sono adeguati a noi, o meglio sono adeguati a quello che noi abbiamo deciso.

Immaginate uno spazio tra due linee, entro il quale sono compresi i nostri guadagni, una zona creata da noi nel nostro inconscio. Alcune volte si avvicineranno alla linea collocata in basso, altre volte raggiungeranno la linea collocata più in alto, ma la capacità di guadagno di una persona rimarrà sempre all’interno dello spazio tra queste due linee.

Riflettete sul fatto che tantissime persone riescono per tutta la vita a rimanere nello stesso stato economico. Le persone decidono, in un dato momento della loro vita, la quantità di denaro che serve loro e questa sarà la quantità di denaro che loro guadagneranno.

Fino a quando i guadagni rimarranno in questo spazio, le persone non entreranno in contrasto con il loro inconscio, nel loro animo ci sarà insoddisfazione ma non tensione, non ci sarà paura, la paura di entrare in situazioni nuove da esplorare.

Se per esempio, per un periodo, le loro risorse economiche scenderanno al di sotto della linea collocata in basso, automaticamente metteranno in atto una serie di comportamenti che faranno aumentare le entrate e, guarda caso, la maggior parte delle volte, riusciranno a raggiungere i loro obiettivi, ripristinando il livello dei guadagni nella zona tra le due linee.

Ma se l’azione porterà al di sopra della linea alta e le entrate aumenteranno in maniera notevole, automaticamente il Pilota Automatico, o meglio il nostro inconscio, interverrà e inizieranno le azioni di autosabotaggio.

Uno dei primi passi per acquisire una Mentalità da Ricchi è modificare questi limiti, naturalmente quelli superiori, ossia aumentare la nostra capacità di sopportazione della ricchezza.

Uno dei modi più semplici è quello di abituarsi alla ricchezza, cominciare per esempio a frequentare dei posti da “ricchi”, per esempio un ristorante particolare, frequentato da persone che hanno un certo livello economico. Spesso scoprirete che il costo di una cena in un ristorante alla moda è poco superiore a quello di un ristorante che consideriamo alla nostra portata.

Questo, ovviamente, è solo un esempio. Il concetto è che abituandoci a un certo tipo di tenore di vita, si alzano i nostri livelli. Se riusciamo a interiorizzare questi livelli, poi sarà il nostro inconscio che indicherà la strada per aumentare i nostri guadagni e sostenere il nostro nuovo livello di mentalità.

Provate, vi assicuro che funziona, ed è piacevole!
L’importante è iniziare e fare il primo passo verso la ricchezza.

A cura di Igino Di Pietra
Autore di La Mente Dei Ricchi
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Applicare Principi di Leadership

n passato sono stato chiamato da un imprenditore a collaborare con lui su un problema che egli riteneva fosse la causa dell’inefficienza aziendale.

”I miei dipendenti non collaborano tra di loro. Questo è, a mio avviso, il problema più grande che abbiamo” mi disse l’imprenditore. “Ho bisogno del suo aiuto per un programma di formazione finalizzato a far collaborare di più le persone tra di loro. Può aiutarmi?”

Accettai l’incarico e cominciai a valutare la situazione.

In effetti riscontrai una mancanza di collaborazione tra i vari dipendenti e una ostinata riluttanza a parlarsi tra di loro. Continuando a fare domande venne fuori che questo comportamento era dovuto al fatto che l’imprenditore in ogni circostanza metteva i propri collaboratori in competizione tra di loro. 

Non c’era occasione in cui non metteva in evidenza il fallimento di qualcuno. Si aspettava la collaborazione ma in realtà era lui stesso che con il suo comportamento la impediva.

Per fargli capire che doveva cambiare lui per primo, che doveva passare da un sistema di rimprovero ad uno di gratificazione della collaborazione, gli raccontai la storia di un allenatore che, per incrementare la collaborazione nella sua squadra, aveva messo in palio un premio per il giocatore che effettuava più passaggi, anziché premiare chi faceva più goals.

Cioè l’applicazione del principio “vinci tu - vinco io” “il tuo successo è il mio successo“.

L’imprenditore capì che doveva modificare il suo comportamento. Doveva dare la precedenza ad una leadership proattiva rispetto ad un comportamento da duro manager, come aveva fatto sino a quel momento. Si rese conto che non si era mai dedicato ad acquisire ed esercitare un ruolo di leader.

Infatti un vero leader non biasima mai le persone. Dopo alcuni mesi l’imprenditore mi confessò che aveva sofferto nel cambiamento, ma aveva perseverato ed ora era convinto di essere diventato un leader. Si era impegnato nell’acquisire le caratteristiche di un leader. Tutti possono imparare gli atteggiamenti e le tecniche per migliorare la propria vita e crescere nel proprio lavoro.

A cura di Chiarissimo Colacci
Autore di L’impresa Efficiente, Il Team Vincente e Leader si Diventa
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Immobili : Costruire o Ristrutturare ?

È un dubbio che può dar da pensare sia all’immobiliarista in cerca del suo prossimo lavoro che al privato che ha ricevuto un vecchio immobile in eredità, o che nel cercare casa ne trova una perfetta nelle dimensioni e nella posizione, ma che necessita un intervento radicale.

Chiedere consiglio alle persone più vicine non serve praticamente a nulla anzi non può che essere deviante rispetto alla verità dei fatti, perché la scarsa formazione, l’interesse e l’emotività sono degli elementi che senza dubbio prevaricano la realtà. In che senso?

Ad esempio il coniuge potrebbe essere stato affascinato dallo stile del vecchio immobile e per questo senza nessuna cognizione di causa ipotizzare che il restauro non sia poi così dispendioso. L’agente immobiliare potrebbe invece sconsigliarcelo solo perché si riserva di dirottarci su di un altro immobile. L’ impresario di fiducia non può che vederci un anno di lavoro garantito, pagato ad ore e difficilmente controllabile.

E’ necessario acquisire quei parametri che ci permettono di valutare in modo indipendente questa difficile scelta che caratterizzerà pesantemente la nostra vita.

Ogni singola costruzione e ogni singola ristrutturazione vanno valutate in modo specifico, considerando tutti i parametri che la riguardano e analizzando i risultati dei calcoli di convenienza.

Possiamo tuttavia affermare, in forma del tutto generale e quindi da non prendere assolutamente come parametro assoluto, che la ristrutturazione costa mediamente il 10% in più rispetto alla costruzione. Lo affermo in base all’esperienza di costruzioni e ristrutturazione che ho condotto negli ultimi dieci anni e al confronto che ho avuto con altri immobiliaristi.

Per esempio nell’Italia settentrionale, in molte zone della provincia, realizzare un immobile, dall’acquisto del terreno fino al termine, costa 300€ al metro cubo fuori terra, comprendendo anche la realizzazione dell’interrato. Ristrutturare costa 330€ al metro cubo. In pratica, la presenza di un edificio antico su un terreno è generalmente uno svantaggio per chi intende perseguire un business immobiliare. Generalmente, altre volte invece le specifiche condizioni dell’immobile lo rendono un vantaggio. Ma queste valutazioni tengono conto solo dell’aspetto economico.

Personalmente io ritengo che la costruzione di nuovi immobili, nella grande maggioranza dei luoghi del nostro Bel Paese, o ex Bel paese, non sia un’azione corretta nei confronti della collettività.

Negli ultimi 50 anni abbiamo creato delle periferie mostruose necessarie all’urbanizzazione, processo anch’esso mostruoso. Abbiamo devastato le coste “addobbandole” con una serie interminabile di palazzine dallo stile privo di nome. Abbiamo costruito fino all’interno della Valle dei Templi.

Forse è arrivato il momento di mettersi una mano sulla coscienza e smettere di considerare quel 10% di convenienza che sta brutalizzando il nostro Bel Paese. Il programma necessario per i prossimi anni è molto semplice:

Ristrutturare tutto ciò che possiede un valore storico e artistico;

Ristrutturare e cambiare lo stile degli immobili che sono solidi nella struttura ma non presentano nessuno stile (la maggior parte degli immobili italiani);

Abbattere gli immobili fatiscenti e anche quelli che sembrano solidi ma non lo sono (Come molti immobili de L’Aquila). Costruire al loro posto edifici ad alta qualità e caratterizzati da uno stile specifico omogeneo al luogo di costruzione. Creare temi che caratterizzino i luoghi in base alla loro tipicità culturale;

Abbattere senza ricostruire gli immobili che hanno invaso aree d’interesse storico, artistico, turistico, paesaggistico, o che comunque non rispettano i principi dell’urbanistica e del bello in genere;

Abbattere senza ricostruire le aree industriali dismesse e quelle costruite e mai impiegate;

Infine costruire nuovi immobili solo dove è strettamente necessario.

In questo programma sta la vera convenienza, nel creare anche con gli immobili una nazione più civile che ritorni a essere un vero Bel Paese dall’irresistibile fascino e richiamo turistico.

A cura di Daniele Zagami
Autore di “Edificare Immobili”
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Accrescere la Propria Leadership Tramite la Competenza

Wikipedia cita: “In generale il termine competenza indica la capacità degli individui di combinare, in modo autonomo, tacitamente o esplicitamente e in un contesto particolare, i diversi elementi delle conoscenze e delle abilità che possiedono. D’altra parte una definizione precisa del concetto di competenza è assai ardua da stabilire, in quanto questa nozione presenta molte sfaccettature, ed il termine racchiude diversi significati, secondo il contesto e la cultura in cui viene utilizzata.”

Oggi, nel mercato globale, il successo di alcune aziende è basato principalmente sulle competenze delle persone e questa caratteristica rappresenta la conseguenza pratica del principio secondo il quale sono le risorse umane che determinano il successo di una organizzazione. Credo che su questa affermazione ci sia una condivisione generale.

Orbene, ho avuto modo di verificare che sul lavoro, esistono due modelli di competenze:

Le competenze necessarie per eseguire al meglio un determinato lavoro. In questo modello rientrano le caratteristiche della persona correlate alla sua conoscenza e capacità. Le competenze che separano le persone eccellenti dalle persone che rientrano nella media. In questo secondo modello le competenze sono correlate a delle prestazioni elevate che scaturiscono da motivazione, atteggiamenti e valori personali.

Per meglio spiegare i due modelli vorrei paragonarli entrambi a un iceberg. Mentre le competenze del primo modello possono essere paragonate alla parte dell’iceberg che emerge dall’acqua, e quindi sono visibili, misurabili e sviluppabili tramite la formazione, quelle del secondo modello rappresentano la parte sommersa non visibile e quindi più difficile da misurare.

Le competenze di una persona sono quindi la combinazione delle sue risorse individuali e del contesto in cui essa opera. In altre parole, a mio avviso, sono il saper agire e il saper fare in una data situazione. È in queste situazioni, nel momento che la persona competente è in grado di fare, di mettere in atto azioni pertinenti alla situazione che la sua leadership può incrementare. Ovviamente, non è solo la competenza che fa di una persona un leader.

Detto ciò, vorrei soffermarmi a considerare la competenza come elemento professionale di un ruolo direttivo. Chi non si è trovato almeno una volta di fronte a un manager che non aveva la competenza per sostenere una situazione critica? Che fine ha fatto la sua leadership in questo contesto? E’ aumentata o diminuita?

La persona che ha un ruolo direttivo e di leadership deve avere la competenza, le conoscenze e le capacità che identificano le sue risorse personali:

  • conoscenze di base per comprendere un contesto, un problema;
  • conoscenze specifiche dell’ambiente professionale in cui lavora;
  • conoscenze necessarie per descrivere “come si deve fare”;
  • conoscenze per “saper fare”;
  • capacità relazionali di cooperare con gli altri;
  • caratteristiche personali quali: motivazione, spirito di iniziativa, forza, determinazione……


E’ grazie a tutti questi elementi che una persona è in grado di esprimere comportamenti competenti e di conseguenza accrescere la sua leadership.


A cura di Chiarissimo Colacci
Autore di “L’Impresa Efficiente” e “Il Team Vincente”
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Gestire i Conflitti con la Conoscenza dei Profili Psicologici Individuali

Completo gli interventi relativi alla gestione dei conflitti , per dare qualche breve cenno sulla teoria dei comportamenti dominanti e su come la conoscenza di questa teoria possa significativamente influenzare la capacità di gestione dei conflitti. Le esperienze, maturate con questa teoria, permettono di affermare che gli individui, di fronte alla scelta se dare maggiore attenzione al raggiungimento dei propri obiettivi o al mantenimento di buone relazioni sociali, possono presentare profili personali completamente diversi,i quali possono essere classificati e riconosciuti in quattro stili fondamentali: estroverso, dominante, analitico, socievole.

È comprensibile che se, attraverso adeguate schematizzazioni, ciascuno potesse identificare i propri stili dominanti e quelli dei suoi interlocutori, la gestione dei conflitti ne verrebbe enormemente facilitata. I due valori, che, negli individui, agiscono come forze in direzioni opposte, sono la tensione verso l’obiettivo e quella verso le relazioni interpersonali; vediamo, allora come queste forze interagiscono fra di loro.

Le persone con una forte propensione alle relazioni sociali (identificati come (R.+) sono persone aperte, informali, impulsive e con una forte necessità di accettazione sociale, mentre gli individui, sul versante opposto, con una scarsa tensione verso queste relazioni (R.-) sono, in genere, riservate, formali, rispettose di compiti e doveri e con un forte bisogno di risultati concreti. Chi ha una forte tensione verso gli obiettivi (O.+) è individuo deciso, sicuro, parla a voce alta, fa poche domande ma molte affermazioni ed è un combattente; chi, invece, ha una minor tensione (O.-), è persona calma, parla a bassa voce, fa poche affermazioni e molte domande e, se possibile, evita gli scontri.

È facilmente intuibile che questi profili sono estremizzati e puramente teorici in quanto ognuno di noi, nella realtà, ha comportamenti che sono la risultante di un mix di tensioni diverse. È ovvio che sono numerose le combinazioni possibili, ma esse possono, comunque, fare riferimento a quattro modelli principali:

profilo personale(R.+ O.-) “ Socievole”. Queste persone hanno comportamenti amichevoli e collaborativi, preferiscono ottenere risultati con flessibilità per cui non s’impongono con l’autorità. Hanno bisogno di tempo per prendere le decisioni, in quanto, per evitare eccessivi rischi, ricercano il conforto degli altri. Forte la necessità di accettazione sociale. Questo profilo, come del resto tutti gli altri, è caratterizzato da alcuni comportamenti efficaci ed altri inefficaci. Le persone, appartenenti al profilo socievole sono ascoltatori attivi, sono collaborativi ed hanno uno spiccato senso del dovere; d’altro canto possono diventare eccessivamente flessibili ed essere troppo lenti nel prendere le decisioni. Nella gestione dei conflitti hanno la tendenza ad accettare compromessi, rinunciando, in parte o totalmente, a difendere i loro obiettivi;
profilo personale (R.+ O.+) “ Estroverso “. Gli appartenenti a questo modello sono buoni comunicatori, leali nella competizione e, dunque, sanno circondarsi di amici e sostenitori. Decidono, prendendosi qualche rischio di troppo, su proprie opinioni o intuizioni. Hanno bisogno di ottenere riconoscimenti da cui traggono la loro motivazione. Essi suscitano empatia, sono persone entusiaste e buoni comunicatori; reagiscono però in maniera eccessiva, nella gestione dei conflitti, e sono tentati di manipolare gli interlocutori;
profilo personale (R.- O.+) “Dominante”. Riflette il profilo di persone indipendenti, scarsamente comunicative, impazienti, molto competitive e fortemente orientate all’ottenimento di risultati. Decidono rapidamente ma su dati di fatto; sono pratici, efficienti, indipendenti e decisionisti. Perdono però efficacia quando diventano poco flessibili, autoritari e, nella gestione dei conflitti, tentano di prevaricare gli altri;
profilo personale (R.- O.-) “Analitico”. Gli individui descritti da questo modello sono persone poco entusiaste, distaccate, poco propense a stringere relazioni sociali ma razionali e molto attaccate ai principi. Basano le decisioni su dati di fatto ma con lentezza, poiché non amano correre rischi; sanno essere efficaci poiché sono logici, attenti, ordinati, molto esigenti con se stessi ed infine seri e laboriosi. Il loro rischio è di non decidere perché, perfezionisti ed eccessivamente critici, eccedono nei processi d’analisi. Un conflitto con persone di questo tipo può durare un tempo lunghissimo.
Immagino che vi sarete ritrovati, anche se non perfettamente, in uno di questi profili così come è probabile che siate riusciti a riconoscere, nelle descrizioni, qualche amico, parente, collega o dipendente. È attraverso questo processo, all’inizio certamente impegnativo, ma poi sempre più fluido, che la conoscenza dei profili vi permetterà di migliorare la capacità di gestione dei conflitti, a patto che siate disponibili ad accettare due irrinunciabili principi, il secondo dei quali, valido solo in ambito lavorativo:

le teorie sulle dinamiche comportamentali ammettono che è impossibile chiedere agli individui di cambiare carattere, mentre è provato che è possibile modificare alcuni comportamenti;
gli studi sulla leadership situazionale assegnano al capo il compito di modificare per primo comportamenti inefficaci, per essere d’esempio ai suoi dipendenti.
A cura di Pierpaolo Sposato

Autore di “Come gestire i conflitti” e “Capi non si nasce”

Valutare l’Acquisto di un Impianto Fotovoltaico

Robert T. Kiyosaki nella fortunata serie di libri dedicata all’insegnamento dell’intelligenza finanziaria, inaugurata con “Padre Ricco, Padre Povero”, ritorna molto spesso sulla differenza tra attivi e passivi.

A pag. 70 di Padre Ricco, Padre Povero, fornisce, in particolare, le due seguenti definizioni:
Un attivo è qualcosa che mi mette denaro in tasca.
Un passivo è una cosa che mi toglie denaro dalle tasche.

Anche Robert Shemin, nel suo “Perché quel cretino è ricco e io no? “sostiene un concetto molto simile a quello formulato da Kiyosaki.

Entrambi gli autori forniscono degli esempi, ovviamente, di quel che intendono per attivi e passivi.
In questa seconda categoria, inseriscono, tra l’altro, anche le automobili. L’automobile perde il 20% del proprio valore, non appena esce dall’autosalone di vendita. E dopo 12 mesi il deprezzamento è arrivato almeno al 30%.

Mi è capitato spesso, parlando con privati interessati alla realizzazione di un impianto fotovoltaico, di paragonare le conseguenze derivanti dall’acquisto di un’autovettura con gli effetti dell’acquisto di un impianto fotovoltaico.

Nel primo caso, alla spesa iniziale, necessaria all’acquisto dell’autovettura, che, come abbiamo appena ricordato, è destinata a deprezzarsi velocemente, seguiranno negli anni una serie di spese ulteriori e continuative. E, soprattutto, inevitabili. Perché connesse al funzionamento dell’autovettura: il carburante, la manutenzione ordinaria e quella straordinaria, la copertura assicurativa, per limitarsi alle principali. Nel secondo caso, la spesa iniziale, finalizzata all’acquisto dell’impianto fotovoltaico, è seguita, sì, nel corso degli anni, da altri costi (manutenzione e copertura assicurativa ed eventuale sostituzione di componenti dell’impianto), ma crea anche le condizioni per la generazione di una duplice serie di ricavi.

Ricavi, che, come ben sappiamo, sono originati dalla produzione di energia elettrica da parte dell’impianto fotovoltaico.

Il risparmio sulle bollette di energia elettrica (o in alternativa, la vendita di quella stessa energia) per tutta la durata utile dell’impianto e l’incentivo del Nuovo Conto Energia per 20 anni. Tali ricavi attualmente consentono, grazie alla riduzione dei costi del fotovoltaico registrata nel 2009 ed alle elevate Tariffe Incentivanti del Nuovo Conto Energia (tra le più convenienti al mondo), di arrivare a tassi di redditività dell’investimento superiori al 10% annuo.

Ho parlato d’investimento.

Ed è proprio questa la differenza tra l’acquisto di un’autovettura e l’acquisto di un impianto fotovoltaico.
Se compro un’auto, spendo i miei soldi.

Se acquisto un impianto fotovoltaico, investo i miei soldi.

Chissà se nelle prossime edizioni dei loro bestsellers, Robert T. Kiyosaki e Robert Shemin non inseriscano nella colonna degli attivi anche l’acquisto di un impianto fotovoltaico.

A cura di Mario Delfino

Autore di “Investire nel fotovoltaico”
Link al Post Originale : http://bit.ly/fxZ9rr

Essere Manager ed Evitare Errori Mediocri

Molto spesso i manager ottengono risultati mediocri per i seguenti motivi:

1. Incapacità di stabilire le priorità. Riunioni continue e interminabili, il cellulare che squilla in continuazione, una mole di lavoro cartaceo da evadere, sono queste le principali cause che fanno perdere tempo a un manager che non ha la capacità di stabilire le sue priorità. In alcuni casi, la situazione stressante in cui egli si trova si deteriora rapidamente.

2. La tendenza a sorvolare. Molti manager non prestano la giusta attenzione ai dettagli del loro lavoro. Generalmente, di fronte a queste persone, le spiegazioni che ho sentito sono state: “un bravo manager deve volare alto” “un bravo manager deve delegare” ” un bravo manager non deve mai scendere nei dettagli, ma tenere sempre presente l’obiettivo”. Spesso queste persone, con il loro comportamento, hanno danneggiato molti collaboratori e in alcuni casi anche le aziende in cui lavoravano.

3. Mancanza di coraggio nel prendere decisioni tempestive. Un giovane manager, dopo alcuni mesi di lavoro, capisce che la ragione per cui i costi di produzione sono alti è da attribuirsi ad un contratto sbagliato con la società interinale che fornisce la manodopera. Il responsabile di questa società è indisponibile a rinegoziare il contratto e soltanto un intervento da parte del Direttore di stabilimento può cambiare la situazione, rendendo l’azienda più competitiva. Ma il Direttore, un manager prossimo alla pensione, non vuole prendere posizione su questo argomento. Il giovane manager, che è stato assunto dalla Direzione Generale nella speranza che con la sua personalità e determinazione potesse cambiare le cose, si dimostra incapace di assumersi la responsabilità di un’iniziativa. Viene messo in disparte.

4. Incapacità di riconoscere il bisogno di aiuto. Alcuni insuccessi possono essere attribuiti a questa incapacità di chiedere un parere ai propri collaboratori, anche se persone di competenza ed esperienza. I manager che rientrano in questo modello ritengono che potrebbe essere un’implicita ammissione di debolezza, mentre devono dimostrarsi di essere sempre all’altezza della situazione.

5. Incapacità di riconoscere i propri punti di debolezza. Un manager aveva svolto un ottimo lavoro nel migliorare il settore vendite. Successivamente fu incaricato di migliorare il settore marketing e anche in questo caso ottenne buoni risultati. In base a questi successi fu nominato Direttore di uno dei stabilimenti più importanti del gruppo. Ed è qui che fallì. Il suo insuccesso fu dovuto alla sua incapacità di riconoscere che non aveva una sufficiente conoscenza delle problematiche e delle attività connesse alla gestione di uno stabilimento di produzione. Nel tentativo di dimostrarsi all’altezza dei successi precedenti prendeva decisioni sbagliate. Dopo alcuni mesi fu rimosso dall’incarico.

Esaminando i motivi esposti, nel loro complesso, essi possono risultare contradditori. Infatti, un manager per evitare la mediocrità nel suo lavoro si deve occupare dei dettagli in alcune situazioni, mentre in altre deve mantenersi a livello di strategia.

Deve delegare molto in un dato momento e poco in un altro; essere tollerante un giorno ed esigente in un altro; deve prendere decisioni tempestive in determinate situazioni, mentre in altre deve ponderare bene la situazione prima di decidere. In altre parole, è con uno stile apparentemente “incoerente” che un manager può evitare la mediocrità e raggiungere risultati importanti.

A cura di Chiarissimo Colacci
Autore di “L’Impresa Efficiente” e “Il Team Vincente”
Link al post originale : http://bit.ly/hST1Cl

Difendersi dalle Banche : l’Arbitro Bancario Finanziario

Dal 15 ottobre 2009, è operativo un nuovo Istituto della Banca d’Italia, che si chiama Arbitro bancario finanziario. L’arbitrato, esiste da molto tempo nel nostro ordinamento, ma l’Istituto in questione se ne differenzia in modo sostanziale.

In cosa consiste?
E’un mediatore indipendente ed imparziale, che tratterà in sede stragiudiziale, delle controversie tra clienti e banche, incluse le Poste Italiane ed il Banco posta, nonché tra clienti e finanziarie.
E’ un’alternativa semplice rapida ed economica, rispetto alle cause giudiziarie, tra banche, intermediari e clienti.

Di quali controversie si occuperà l’ ABF ?
Di ogni disputa tra i correntisti e le banche, di valore non superiore ad Euro Centomila, se il cliente chiede una somma di denaro, senza limiti in tutti gli altri casi. Quindi tratterà della mancata concessione di fidi, mutui, prestiti,cessione del quinto dello stipendio, applicazione di tassi usurai, delle commissioni di massimo scoperto, problemi legati alle carte di credito, omesse cancellazioni di ipoteche, violazioni di norme sulla trasparenza, omessa consegna di documenti etc.

Il parere dell’arbitro bancario finanziario è vincolante?
No. Ed è questa una delle differenze sostanziali rispetto all’arbitrato convenzionale. Qui è il cliente a stabilire se è rimasto soddisfatto o meno dalla decisione dell’arbitro nei suoi confronti. In caso contrario, può sempre ricorrere al Giudice.

Dove si trova l’arbitro bancario finanziario?
Le sedi delle segreterie tecniche dove si trova l’ufficio dell’ABF sono a Roma, Milano e Napoli e si trovano rispettivamente in via Venti Settembre, 97/e tel. 06/47921; in via Cordusio, 5 tel. 02/724241 ed in Via Miguel Cervantes, 71 tel. 081/7975111.

Ricorrere all’ABF sarà possibile solo per i clienti di Roma Milano e Napoli?
No. L’Istituto dell’ABF di Roma si occuperà di tutte le controversie che insorgono nel Lazio, in Abruzzo, nelle Marche, in Sardegna, nell’Umbria ed in Toscana.
Quello di Milano tratterà di quelle nate nel Veneto, nel Trentino, in Valle d’Aosta, nel Piemonte, in Liguria, in Lombardia, nel Friuli ed in Emilia Romagna.
L’ABF di Napoli, opererà per tutte le problematiche della Campania, del Molise della Basilicata, della Puglia, della Calabria e della Sicilia.

Si può ricorrere immediatamente all’arbitro finanziario?
No.
1) Occorre preliminarmente presentare un reclamo per iscritto con una lettera o via fax. o via e-mail alla propria banca o intermediario.
2) Attendere la risposta che deve pervenire entro 30 gg.
3) Se decorso il tempo, non c’è risposta o non è soddisfacente, si attiva l’ABF.

Come si presenta il ricorso?
a) Si scarica il modulo prestampato dal sito www.arbitrobancariofinanziario.it, lo si compila e si firma. In questi moduli è prevista anche una pagina per la procura, nel caso in cui il ricorrente volesse dare incarico per la procedura, ad un legale, un commercialista oppure ad un parente che sia più competente in materia.
b) Si acclude un versamento di €. 20 effettuato con bonifico sull’IBAN della Banca d’Italia – segreteria tecnica, che è IT71M00100003205000000000904, oppure sul c/c postale n. 9802566 sempre intestato a Banca d’Italia segreteria tecnica, trascrivendo anche il codice fiscale o la partita iva del ricorrente.
c) Si allegano al ricorso la copia del versamento ed i documenti che lo motivano.
d) Si può inviare via internet, o anche a mezzo raccomandata a/r, oppure per posta certificata web. Non conviene recarsi personalmente presso un qualsiasi sportello della Banca d’Italia, la quale è legittimata a riceverlo, ma deve poi, “girarlo “ alla segreteria competente.
e) Spedito il ricorso, una copia DEVE essere inviata subito e con le stesse modalità, alla Banca o al mediatore finanziario col quale si è in contestazione.

Dopo quando tempo si ha la risposta dell’ABF?
Entro 60 giorni, e la decisione viene comunicata nei 30 giorni successivi.
Se il ricorso viene accolto in tutto o in parte, i 20 euro anticipati dal ricorrente per le spese, gli saranno restituiti dalla banca o intermediario soccombente.

A cura dell’ Avv. Anna Caiazzo
Esperta del settore immobiliare,
Consulente nell’attività immobiliare di Marcello Raso, CoAutrice di “L’Enciclopedia degli Immobili“

Come Non Pagare il Mutuo Senza Perdere la Casa

Per colpa della crisi un numero sempre più elevato di persone è in serie difficoltà economiche, soprattutto se deve pagare le rate di un mutuo o di un leasing. La mancanza di liquidità ha colpito non solo i nuclei familiari, o singoli e separati con redditi minimi, ma anche le piccole e medie imprese, o chi ha contratto dei leasing mobiliari ed immobiliari.

Così a grande richiesta il Comitato esecutivo dell’Associazione banche italiane a novembre di quest’anno ha dovuto prendere atto della complessa situazione e, visto che in termini di costi è sicuramente più conveniente essere flessibili di fronte a una difficoltà oggettiva e palese, ha deciso di avviare il cosiddetto “piano famiglia”, già proposto dalle Associazioni dei consumatori e dalle autorità pubbliche in agosto.

Cosa prevede il piano famiglia?
Una moratoria, ossia la sospensione del pagamento delle rate per un periodo di 12 mesi, che potrebbe essere portato anche a 18 mesi, previo accordo col governo e con le varie associazioni dei consumatori.

Chi potrà usufruire della moratoria?
Principalmente tutte le famiglie disagiate, ma non solo, anche chi ha perso il lavoro con contratto a tempo indeterminato o determinato, chi è in cassa integrazione, le piccole e medie imprese in crisi, ma anche lavoratori autonomi con partita iva che versano in difficoltà o hanno cessato l’attività.

Quale sarà il tetto massimo del debito oggetto di moratoria?
Attualmente l’ABI è disposta a valutare le difficoltà finanziarie delle famiglie, degli autonomi e delle piccole e medie imprese, che hanno contratto debiti fino a un tetto tra i 120 ed i 130 mila €. Ma le associazioni hanno già proposto un tetto superiore e pari ad almeno 150 mila €, poiché le statistiche sono chiare e almeno 1/3 delle famiglie italiane è indebitata per acquisti importanti come la casa, con mutui pari o superiori a questo importo.

Quando andrà in vigore la moratoria?
Dopo le varie trattative tra l’ABI, il governo e le associazioni il provvedimento doveva entrare in vigore da gennaio del nuovo anno, ma slitterà a febbraio 2010, dato che ci sono ancora dei dettagli importanti da valutare, tra i quali il tetto massimo del debito contratto, come spalmare gli interessi che maturano sulle rate in moratoria, come risolvere il problema dei morosi “in corso”, che non rientrerebbero in un provvedimento che ancora non c’è, etc.

Conviene aderire alla moratoria?
Sì. Anche se i tassi d’interesse attualmente sono ai minimi storici non è necessario preoccuparsi eccessivamente che in futuro possano essere più alti e gravare sulle rate in moratoria. Innanzitutto perché non ci sarà anatocismo, ossia l’interesse sugli interessi, e poi perchè per chi ha perso il lavoro e non arriva a metà del mese, per chi ha dovuto cessare l’attività, per chi non ha più alcuna fonte di guadagno e non potrebbe pagare neppure la centesima parte di una rata o degli interessi la moratoria è una manna dal cielo.

Oggi bisogna capire che “guadagnare” a volte vuol dire “tutelare la casa, l’azienda ed i beni acquistati”.

A cura di Marcello Luigi Raso
Autore di “Guadagnare in immobili”, “Enciclopedia degli immobili”

L'Importanza Delle Tecniche Negoziali In Azienda

Inutile sottolineare come l’utilizzo di determinate tecniche, e l’osservanza di alcuni principi-guida possano agevolare molto l’accoglimento delle vostre proposte, siano esse riconducibili alle vostre eventuali proposte su come affrontare determinate problematiche all’interno dell’azienda, piuttosto che alla vendita di un prodotto o di un servizio ad un’impresa.

Una volta compiuta la disamina di una specifica situazione, non è sufficiente comprendere che, la soluzione da voi proposta, serve genericamente a risolvere un determinato problema, o a conseguire un obiettivo prefissato. Dovete, a questo punto, domandarvi quali siano gli specifici vantaggi che la vostra soluzione possiede, rispetto ad altre possibili soluzioni alternative.

Infatti, non è affatto escluso che possano esservi altre soluzioni, preferibili alla vostra. Un’utile analisi è quella che riconduce, a tale riguardo, ai parametri dell’efficacia e dell’efficienza, spesso confusi, ma che si devono invece distinguere.

Più una soluzione è in grado di conseguire un determinato risultato, più risulta efficace, mentre, a parità di risultato conseguito, meno dispendio si è fatto di risorse per il conseguimento di un obiettivo, e maggior efficienza si è avuta:

efficacia, = conseguimento degli obiettivi;

efficienza = meno risorse utilizzate per conseguire un obiettivo.

E’ quindi evidente che si dovrà cercare di comprendere se la vostra ipotesi è più o meno efficace e più o meno efficiente di altre che potrebbero essere proposte.

A questo punto, il gioco è fatto al 90%.

Rimane un 10%, per vedere, con probabilità, accettata la vostra idea. Sarà sufficiente tener ben presenti i punti di forza della vostra proposta e, senza troppi giri di parole, esporli chiaramente a chi deve decidere, evidenziando come la vostra ipotesi sia preferibile, in termini di efficacia, di efficienza, o sotto entrambi i profili.

In fondo, chi vi ascolta è lì per capire proprio questi aspetti, che costituiscono i motivi principali, per cui si sceglie un’alternativa, piuttosto che un’altra. Nell’esposizione dei vostri progetti, idee, soluzioni, potrete anche avvalervi di alcuni strumenti di supporto, come filmati, proiezioni di slide, e via dicendo.

Ricordate, a tale riguardo, che molto spesso le immagini rimangono memorizzate di più delle parole, e possono avere un impatto maggiore, quando si deve convincere qualcuno.

A cura di Gian Piero Turletti


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